sabato 4 aprile 2020

Cosa mi metto?



Sul cuscino, ben ripiegati, la maglietta da notte ed un paio di pantaloni di stoffa leggerissima, di quelli con l'elastico.
Addosso, la maglia a maniche lunghe da casa, i pantaloni della tuta, calzini di spugna, le scarpe da ginnastica vecchie che non escono di casa da mesi.
Appesa ad una porta dell'armadio la gruccia bestemmia sotto l'ingombro di:
1 Pantaloni da esterno riposti in maniera più o meno accurata.
2 Maglietta a maniche lunghe, da non confondersi con quella da casa.
3 Camicia di velluto, maniche lunghe e zip al posto dei bottoni.

Wow sei diventato ordinato? Chiede la vocina interiore che non sono mai riuscito a sopprimere.
No, è che non so che cazzo fare, visto che il tempo scorre tutto uguale, e allora provo ad inventarmi un qualcosa che dia significato ai vari passaggi della giornata.
Allora il grillo parlante ci resta male, odia le rare volte nelle quali non riesce a prendermi in castagna.

Si perchè quando il tempo è equamente suddiviso fra letto e divano, tutto diventa evento.
Al punto che avevo anche pensato di scegliere una mise da indossare esclusivamente prima di andare al cesso.

Inutile dire che a colazione già il pensiero corre a cosa preparare per cena, ancora più inutile sottolineare come, fino dal primissimo pomeriggio, lo stesso pensiero, già più logoro e sfavato precorra il momento in cui verrà inserita nel corpo del o della casalinga per forza, la prima sana sorsata di alcool.
Sommamente inutile e banale, affermare che la spesa, settimanale o bisettimanale, eccita quanto la preparazione per una vacanza in mari lontani.

La Coop io e Giuliana ce la giochiamo a dadi.
Inizialmente a Trivial ma perdevo sempre, a dadi, con i dadi giusti si può barare.

Succede poi che una mattina arriva la telefonata del Capo.
Testuale dice “Si può ripartire  mantenendo la distanza sociale".
Sul momento mi verrebbe da rispondere che fosse per me la manterrei 365 giorni l'anno almeno dal 98% dell'umanità; ma sarei fuori luogo.
Quindi rispondo Yeah!
Lui chiude con un laconico a lunedì mattina.

Poggio il cellulare, poi lo riprendo in mano al volo per controllare che giorno sia, è venerdì, ho solo due giorni per decidere cosa indossare per il gran rientro.

Poi torno me stesso ed ovviamente lunedì mattina mi sveglio in ritardo, arrivo a lavoro con la maglietta da notte sotto alla camicia, e i pantaloni della tuta che fanno sfoggio del loro orrido colore verde ramarro.
“O tempora o mores” Impreco fra me e me, poi chissà perchè mi scappa da ridere mentre immagino il Monni che esclama “O se sei bischero te, icche c'entrano le more?”.


lunedì 30 marzo 2020

848

Prima di tutto non capivo bene che razza di posto fosse quello.
C'era questa panca in legno che scorreva lunga sul lato maggiore della stanza, da muro a muro.
E noi tutti a sedere con un foglietto in mano.
Guardo e scopro di avere l'848, cazzo penso, qui ci schiaffo l'eternità.
In fondo c'era un banco enorme e scuro, e dietro un solo tipo, magro, vestito da infermiere.
Smunto come un ramo a dicembre, con un viso lungo a pera, ed un accenno di barba.
Sembrava a un passo dall'accasciarsi senza possibilità di risveglio, poi d'improvviso tirava fuori una voce da tregenda.
848! Ruggì il moribondo, fra me penso "Boia che efficienza qui" poi mi domando " Qui dove?".
Diciamo che sognavo, o credevo di farlo.
"Sieda" dice il grassone , indicandomi un niente da cui appare uno sgabello.
Timido timido, mi accomodo e accenno "Guardi, se c'è da pagare pago...".
"Pagare ?" schizza su lui, "Certo che c'è da pagare!".
"Bè si però guardi, io non ho fatto nulla.."
"Nulla? Lei dice nulla? Desiderare la donna d'altri 847000 volte è nulla?".
"Lei ha desiderato una cicciona di 55 anni sul diretto Firenze - Bologna, porco!".
"O dio mio ricordo, ma avevo 87 anni, capisce, era tanta e per me era anche una ragazzina !".
"E quella volta che ha seguito una vedova appena uscita dal funerale del marito?".
"Cazzo uomo, aveva le calze con la riga storta, insomma lo sai anche lei certe cose tirano".
Spalancò gli occhi, fino ad allora semichiusi; occhi celestiali azzurro ghiaccio che mi fecero terrore.
"No ! Non lo so io!" poi prendendo un fare quasi ammiccante " Parliamo dell'erba" e sorrise, mi sa che sono arrossito.
"Non quella fumata!" e io giù sempre più rosso.
"Intendo quella volta nel '98..."
Stavolta esplosi io "Mamma mia domine iddio signore mio ancora con questa storia!!".
"Lei comprò otto barattoli di vernice blu, e dipinse il prato, la siepe e gli ulivi del vicino.Si rende conto?".
"Senta , la storia dell'erba del vicino che è sempre più verde, mi aveva invaso il cervello, e poi a dire il vero volevo dipingere anche la moglie del vicino, solo che poi mi venne da desiderarla".
L'omino tranquillo mi guarda " Ci vediamo tra 55 anni", lo sgabello mi sparisce da sotto e sento chiamare 849!

Insomma giuro, la vita in purgatorio è un inferno, tre messe al giorno, divieto di fumo e poi, agli esami si sega sempre!

sabato 21 marzo 2020

Un giorno perfetto.

La sveglia lo colse di sorpresa.
Buongiorno Marco, ti attendono in ufficio per le nove.
Sorrise a se stesso, mentre si faceva la barba dopo la doccia.
Quattro giorni consecutivi di lavoro esterno, disse quasi gridando, alla propria immagine riflessa nello specchio.
Si vestì quasi di corsa, ingurgitò tre pasticche da colazione e digitò il codice di uscita.
La porta a scorrimento dell'ascensore si era appena chiusa, quando la voce della portineria elettronica lo sorprese.
E che sorpresa "Signor Giletti, oggi il suo orario di rientro è fissato per le ventuno, le auguro una lunga e splendida giornata".
Faticò a controllare le pulsazioni che, frenetiche, salivano fino alle tempie.
Le ventuno, posso rientrare a buio, pensò.
Emozionato, mentre si avviava verso la sua monomacchina, estrasse il cellulare e compose il numero della pizzeria Vesuvio.
"Buongiorno sono Mario..."
"Signor Giletti" lo anticipò la voce dall'altra parte " mi aspettavo di sentirla, tornare a notte è raro, anche in periodi felici come questo".
"Già" rispose " La prego vorrei una napoli ed una birra media, arriverò per le 18, voglio godermi la serata".
Tutto era magnifico.
Il sole splendeva, i nuovi filtri installati nell'auto rilasciavano aria purificata, si tutto era magnifico.
Fuori, per strada, il caos; un magnifico caos.
Contò ben quattro persone a piedi e sei ciclisti, nei cinque chilometri che lo dividevano dalla postazione di lavoro fisica.
Un record assoluto.
Si sorprese a fischiettare l'ultimo successo dei Corona Brothers, mentre strisciava l'ingresso.
Ma la vera sorpresa fu vedere il direttore in carne ed ossa, che si sporgeva dalla porta del proprio ufficio, per gratificarlo di un sorriso.
Il lavoro fu un gioco, incrociare i dati degli spostamenti dei lavoratori manuali con le schede di scopo era facile, perfino da una postazione primitiva come quella del suo ufficio.
Niente a che vedere, con la nicchia smart work plus, che si era fatto installare a casa.
La cena poi, la cena fu un sogno.
La pizzeria pullulava di vita, tuti i monotavoli erano occupati, tanto che per un attimo ebbe il sospetto che i sensori di prossimità fossero mal tarati.
Ma il fondo della birra portò via con se i già flebili cattivi pensieri.
Quando rientrò a casa era sfinito dalla densità della giornata trascorsa.
Ebbe appena la forza di dettare al suo diario privato.
" Giovedì 20 marzo 2040, anno ventesimo, una giornata perfetta".

martedì 17 marzo 2020

Silenzio

La prima cosa, la più forte, quella che spicca in un assedio senza armi o nemici alle mura; è il silenzio.
Puoi non guardare la signora con la mascherina, che si tiene a debita distanza, in attesa di entrare al supermercato.
Puoi farlo, o meglio puoi scegliere di non guardare; perchè vedere è per sua natura cosa diversa dall'osservare.
Puoi fingere che la casa, se hai una casa, sia il tuo regno e non una prigione più o meno volontaria.
Ma non puoi evitare di sentire il silenzio.
Perchè il silenzio, l'assenza, si propone in maniera assoluta.
Come se uno sguardo potesse abbracciare un panorama fatto di vuoto, quindi, come se potesse esistere un qualcosa che, al contempo, non è.
E così, i rumori che quel silenzio squarciano, i più ovvi e normali in una città; come il precipitare e frangersi del vetro nel cassone di un camion della raccolta, sono colpi di fucile esplosi in un deserto di suoni.
E così, in silenzio nel silenzio, siamo tutti in attesa di un ritorno al fracasso di ieri, che sembra già antico.
In silenzio sogniamo di essere travolti da un'onda di suoni, della quale finalmente tornare a lamentarci.

mercoledì 6 marzo 2019

Riciclati e riciclanti.

Dice, l'hai fatto l'umido?
Non è un messaggio in codice, è una delle croci dell'ecologismo pronto all'uso di moda oggi.
Si l'ho fatto l'umido, poi ho lavato le bottiglie del vino, quella di vetro dell'olio l'ho fatta fare a secco per essere sicuro che non avesse rimanenze.
E quelle di plastica dell'acqua?
Ho provato a capire se vanno schiacciate, sfilacciate o lasciate intere come mamma le ha fatte, ho rischiato l'esaurimento nervoso; quindi ho deciso di metterle in salotto, a proposito , ora il divano è in bagno accanto alla doccia.

Poi esci, con tre sacchetti in mano, quello dell'umido puzza a bestia, quello del vetro titinna e temi sempre, di inciampare e ridurti la faccia come in un film di Tarantino.  Quello del non differenziabile, lo nascondi, ti vergogni molto a far sapere che contribuisci all'inquinamento ambientale.

Fuori per strada ci sono Suv altri tre metri e ottanta e lunghi dodici, motori 6500 turbo diesel, solo con l'accensione, dall'alta parte del mondo un Panda muore di asma improvvisa.

Pensi che tra poco è estate, prenderai un aereo per andare in un'isola incontaminata, poco importa che ogni giorno i voli sulla terra siano 200.0000 e che, probabilmente il luogo più incontaminato rimasto, sia il centro di New York.

Però il riciclo funziona, basta dare un'occhiata in parlamento.

Dice, l'hai fatto l'umido?
Si, ci ho anche cacato dentro, per non disperdere preziosi elementi.

giovedì 28 febbraio 2019

Santi poeti e intenditori.

Certo che siamo cambiati, e ovviamente in peggio.
Ricordo che , 20 anni fa non nel pleistocene, le uscite avevano regole semplicissime:
1-      Esco, bevo un paio di cose e torno a casa.
2-      E’ venerdì, esco e torno a casa solo quando non mi ricordo più nemmeno come mi chiamo.
Oppure:
1-      Ho fame, mi vado a fare una pizza.
2-      Stasera si mangia sul serio, amici, trattoria tipica, tagliatelle bistecca molto al sangue, Chianti come  a piovere, tiramisù grappa.
Di solito non ci scappava il morto per coma etilico, solo perché con due mucche nello stomaco era difficile che accadesse.
Nessuno era intenditore di niente, ma tutti o quasi sapevano benissimo cosa scegliere, anche perché era facile.
Hai sete? Bevi una birra (acqua non contemplata), vuoi alcool? Gin Tonic o cuba libre e vai. Hai fame, mangi.
Oggi invece sappiamo tutto su tutto, e di tutto disquisiamo e di tutto consumiamo.
Guardiamo estasiati lo stronzo del baretto sotto casa che ci stappa, un croque lafitte del 98,  un bicchiere 12 euro;  stiamo venti minuti a rigirare quel cazzo di  bicchiere tra le mani, poi naso, poi un goccio, poi l’atteggiamento della persona intelligente e “informata dei fatti” “Sapido, tanninico, poco persistente” , insomma fa cacare, ma ti costa un’ora e mezzo di lavoro quindi devi far sapere a tutti che sai ciò che fai.
Le birre ovviamente sono artigianali, tra l’altro  per completare la magnificenza della presa per il culo, niente è più normale ma tutto speciale, in un mondo dove ormai tutti fanno le stesse robe dalla Cina al Canadà.
Insomma siamo tutti quanti uguali e diversi, una vittoria su scala globale del Bonino pensiero.
Come diceva  Gaber? Avanti avanti avanti, si può spingere di più, insieme nella vita a testa in giù!

mercoledì 27 febbraio 2019

Fuori dal nulla, il niente.

Appena esci dal mangificio per turisti low cost, chiamato Centro Storico, Firenze dal nulla camuffato da tutto, si trasforma in un niente.
Un niente ancora più desolato e desolante, dove un cartellone recita "Inclusione reddito civiltà"; e sotto un barbone dorme o piscia, o ambedue le cose .
Finito il mangificio i bar chiudono a raffica, oppure restano sotto forma di bettole sordide, degne di un romanzo di Simenon.
Il traffico traffica, le macchine contengono sardine umane incazzate come bestie, che si svegliano con l'incubo dei soldi e del lavoro, e si sfogano al volantino della loro macchinina, un ritratto perfetto dell'umana impotenza di fronte al frutto della propria umana, idiota, intelligenza.
Ci vorrebbe un unico cartellone enorme.
 "IL FUTURO E' ADESSO, E FA SCHIFO".